lunedì, ottobre 18, 2010

Sveto Mesto | L'insensato fascino della superstizione

Non sono molto distante purtroppo dai miei connazionali e ammetto la mia ignoranza su gran parte della cultura Balcanica. Proprio mentre un po' tutti da queste parti sembrano credere che i Serbi siano dei curiosi bruti nero vestiti che guastano il nostro sport nazionale con una protesta incomprensibile, proprio mentre i telegiornali dimenticano di menzionare che abbiamo contribuito in maniera significativa1 a martoriare quel popolo tra il 1996 e il 1999 con le nostre bombe amiche, proprio mentre il mefistofelico ministro della difesa propone in maniera sinistra di riservare lo stesso trattamento agli Afghani, mi ritrovo a scrivere qualcosa su questo film Serbo nel quale sono incappato per puro caso. Si tratta infatti di un altro adattamento della novella di Gogol di cui avevo parlato nel primissimo post di questo blog, ma che non avevo menzionato affatto quando al tempo parlai delle altre riduzioni della stessa storia.

Comprensibilmente il suo regista Đorđe Kadijević è considerato dai suoi compatrioti una importante personalità. Un popolo che cerca di riappropriarsi della propria identità e della propria cultura a lungo negata da vicissitudini storiche deve giustamente andare orgoglioso dei propri creatori d'arte. Costui nel particolare è autore di quello che viene considerato il primo horror del cinema serbo, quel Leptirica basato su Posle devedeset godina di Milovan Glišić, opera importante tanto per la letteratura del luogo quanto per capire il successivo Sveto Mesto (luogo sacro) che è oggetto di questo post. Come nota laconicamente la pagina wikipedia Inglese dell'autore, Glišić potrebbe essere considerato il Gogol serbo, ma in realtà non conoscendo la sua opera mi sembra un po' avventato definirlo tale. Certo è che sue sono le traduzioni locali dei capolavori del maestro, quindi una certa influenza potrebbe risultare comprensibile e la tal cosa  potrebbe chiudere il cerchio anche sulla scelta di ridurre il Viy da parte di Kadijević.


Leptirica è un breve film per la televisione che ha avuto a quanto pare un impatto abbastanza notevole sull'immaginario dei telespettatori dell'epoca arrivando persino a far ricevere accuse di "terrorismo" mediatico da parte dei giornali al suo autore2. Ad ogni modo sembrerebbero tutte queste occorrenze ad aver funto da prodromo alla decisione di realizzare Sveto Mesto. Il film, che è recentemente riaffiorato alla luce ed è stato proiettato al Fantasia Festival 2010 è stato realizzato nel 1990, ma non fu possibile vederlo al cinema perché in quegli anni si accesero i primi fuochi della guerra nei Balcani, per cui godette della sola trasmissione televisiva. Significativo e malinconico il fatto che il film sia stato editato in dvd senza alcuna re-masterizzazione poiché i negativi della pellicola sono attualmente in Croazia e non vi è stata ancora la possibilità di farli rientrare in patria.


Dopo la doverosa introduzione è il caso di parlare del film stesso. Nel tempo che è corso tra quel post su Viy e quello odierno ho quantomeno approfondito andando a leggere il libro originale in maniera tale da comprendere in che direzione si siano mossi i russi e il regista serbo. Narrativamente bisogna dire che vi è una notevole aderenza da parte dei primi alla storia originale, mentre il serbo, sebbene segua per gran parte i binari della narrazione originaria, inserisce nella sua opera una ricontestualizzazione al suo territorio ed amplia il sottotesto erotico dell'opera Gogoliana, sottraendo però l'elemento fantastico e sovrannaturale. I tre3 russi come spiegato nell'altra occasione virarono verso una rappresentazione della Pannotchka bella, bianca e diafana in totale contrasto con gli elementi circostanti: i neri preti, gli abitanti del borgo e l'oscura chiesa piena di icone. In qualche modo tale contrasto è presente anche nello scritto, ma non vi è alcuna presenza della simpatia per la strega mostrata dai registi nel film. La lacrima di sangue, la bellezza sovrannaturale e il sentimento d'amore del padre sono usati dallo scrittore come elementi che usa il male per dissimulare il divino, come tipico di molta letteratura allegorica. Insomma la donna non ne esce proprio bene ed in parte è corresponsabile del male nel cuore umano proprio per sua stessa natura4. Nel film russo quindi sparisce volutamente questo aspetto e si privilegia quello favolistico e fantastico, mentre in quello serbo diventa occasione e spunto per spingere dal versante dell'oscurità che si può celare nella sfera sessuale umana.


Nel romanzo il pavido Khoma veniva spaventato a morte prima delle tre notti in chiesa dalle voci che correvano sulla Pannotchka. Quelle stesse voci diventano per Kadijević spunto per poter ampliare la storia con dei flashback episodici tra una notte e l'altra. Tutti i flashback sono volti a mostrare la poca fiducia del regista nell'essere umano, la Pannotchka (Branka Pujić) è una accentratrice di attenzioni nel borgo, riduce alla follia o fa cadere nel peccato chiunque la circondi: l'addestratore di cani Nikita (presente anche nel libro), lo stesso padre e finanche la cameriera. Il regista non si fa mancare nulla insomma tra sadismo, legami incestuosi e lesbismo soffuso, ma vorrei tranquillizzare al riguardo che leggerne è più impressionante della rappresentazione stessa dei temi nel film.


Il fallimento del film è infatti proprio nelle scelte di resa di questa donna perversa. Viene tolto di mezzo il sovrannaturale per far spazio ai tremendi istinti umani, ma la presunta escalation di bassezza umana è accennata e goffa in più di un punto. Non essendo presente nulla di così spinto da poter provocare disagio, il regista si sarebbe dovuto almeno affidare ad una meccanica degli eventi più efficace, invece viene superato a destra da buona parte del cinema exploitation del resto del pianeta che fa lo stesso sporco lavoro con stratagemmi certamente meno raffinati. Insomma la presunta ricerca di autorialità nella rappresentazione finisce per essere controproducente e non arriva a colpire come e dove dovrebbe l'immaginazione dello spettatore.


Praticamente non è un film che dovrebbe far forza sull'effettaccio, ma quello che ci si ritrova tra le mani sono tre frammenti aneddotici in cui l'accennato lesbismo finale sembra addirittura insensato, che vengono inframezzati dalle notti in chiesa che invece erano l'elemento portante della riduzione russa. Queste notti mostrano la pur brava Branka Pujić dimenarsi come un'ossessa per provare ad afferrare il prete (Dragan Jovanović) senza alcuna presenza di elementi fantastici come la bara volante o i demoni del primo. Svanisce persino la comparsata ultima del Viy ed il finale è quasi avvilente nel suo seminare dubbi sulla presunta psicosi collettiva del borgo. Il regista può anche rifugiarsi nell'intervista, rilasciata in quel del Fantasia Festival, in spiegazioni ed elucubrazioni che propongano il lato oscuro umano e l'irrazionale come controparte della superstizione, ma  il risultato è davvero al di sotto delle aspettative e delle potenzialità della sua idea originaria.


Il film è sì importante per il cinema serbo, è sì importante come esempio di riduzione creativa di una novella, è sì potenzialmente interessante, ma definirlo riuscito sarebbe scorretto. Con gli stessi mezzi, ma forse con meno limiti rispetto a quelli imposti dalla società Jugoslava dell'epoca, altri registi avevano certo fatto di meglio nelle stessi territori esplorati da Kadijević. Non piace nemmeno la staticità e la frontalità ricercata delle inquadrature che nel corrispettivo russo affascinavano invece per profondità e dinamismo. Ad ogni modo l'opera andava certamente recuperata dallo scrigno polveroso in cui era finita, fosse anche per la nenia tipica dell'horror coevo che si ripete per tutta la durata ad libitum in maniera ipnotica. Fosse anche per mostrarci le potenzialità dell'immaginario slavo giustamente evidenziato dal regista.


Scheda tecnica
Sveto mesto
Anno : 1990
Regia : Đorđe Kadijević
Soggetto : Nikolai Gogol
Sceneggiatura: Đorđe Kadijević
Cast :
Dragan Jovanović
Branka Pujić
Aleksandar Berček
Mira Banjac
Danilo Lazović
Maja Sabljić
Predrag Miletić
Radoš Bajić
Dragan Petrović
1. Bastava effettivamente che i nostri prodi alfieri dell'informazione cercassero persino su wikipedia per documentarsi un minimo su fatti così antiquati di un epoca remota (un decennio fa), ma probabilmente sono abili solo a cercare le notizie su facebook.
2. Una esauriente storia del cinema di genere serbo è presentata a questo indirizzo da parte di Dejan Ognjanović probabilmente il massimo esperto di cinema della sua nazione.
3. Si ricordi che ai due registi del Viy si aggiunse in un secondo momento il decisivo apporto di Aleksandr Ptushko.
4. Non sono un grosso esperto dello scrittore russo, ma dai suoi studiosi ne emerge un ritratto davvero singolare di personaggio assolutamente geniale, ma umorale e bipolare.