martedì, agosto 02, 2011

Mal día para pescar | Un sogno grande un continente

Ritengo che vi sia una certa e distinguibile matrice psicologica nella scelta dei libri da leggere, della musica da ascoltare e dei film da vedere. Come ci si muovesse su diversi percorsi, ma si continuasse comunque ad andare nella stessa direzione. E' facile per me ritrovare in Mala día para pescar frammenti di altro, soprattutto se vado a spulciare nell'archivio mnemonico delle mie letture.

Le impressioni sono le stesse che si trovano nei libri del realismo magico sudamericano, quindi Borges, Cortázar, Márquez e perché no il buon Soriano che amavano presentare eventi magici o altamente improbabili come realtà normalissime. In fondo è proprio questo il motivo per cui amo il Sudamerica: perché lo guardo con quegli occhi. Suppongo però a giudicare dal film in questione, così come da molte altre pellicole, che non sia solo su questa terra e vedere impresse su pellicola certe immagini e situazioni solamente immaginate mi fa venir voglia di ringraziare caldamente ed affettuosamente il regista (Alvaro Brechner) per avermi fatto questo regalo.

La mia beata ignoranza fa sì che pur avendo rilevato tutte queste cose nel film di Brechner non sapessi che fosse ricavato da un romanzo del più famoso scrittore uruguagio: Juan Carlos Onetti. Il titolo del racconto è Jacob y el otro, a quanto pare tradotto e pubblicato anche in italia nella raccolta Triste come lei, e fa parte del ciclo di finzione ambientata nel paesino immaginario di Santa Maria, vero e proprio cronotopo letterario1, parallelo all'altrettanto celebre contea immaginaria di Yoknapatawpha in cui William Faulkner2 ambientò buona parte dei suoi racconti. Al proposito mi riservo di recuperare un po' di materiale di entrambi e magari tornarci su quando sarò vecchio, esperto, riposato e abbastanza paziente da dedicare centinaia di battute all'argomento.



Quello che però mi assilla, e forse sono in errore in questo, è che il Sud America in sé rappresenta un cronotopo. Un intreccio totale di spazio e tempo e personaggi racchiusi in una sorta di uovo primordiale. Un intero cosmo ordinato con proprie orbite da rispettare dove esistenze abbandonate a sé stesse vagano nei deserti dell'anima prima ancora che in quelli reali. La pampa, come la cordigliera delle Ande, il Mato Grosso, la Zona Austral e la Patagonia, gli altipiani della Bolivia son tutti paesaggi troppo grandi per un singolo uomo, per una singola anima. Si sostanziano come opposto speculare dell'altro estremo delle Americhe, quello industrializzato e potente, quello settentrionale, dove il detto recita the sky's the limit e vuol significare l'assenza di limiti e la volontà di elevarsi oltre quello che già si ha. Invece il cielo incombe sulle persone che si muovono nel sud depredato e impauperito dalla storia. Gli spazi immensi non sono là ad attendere che gli uomini li colmino, ma sono lì a separarli e lasciarli perennemente soli. Triste forse, ma anche fortemente poetico.


Le anime del film fanno parte di questo affresco sudamericano. Se c'è una cosa della quale essere abbastanza sicuri, pur non avendo avuto modo di accostare l'opera di Onetti a quella di Faulkner, è la distanza caratteriale tra i loro personaggi. Al riguardo si trovano molte speculazioni in rete sul rapporto tra i due misteriosi protagonisti, un presunto nobile (Gary Piquer) e un ex campione di culturismo dalla Germania (Jouko Ahola), dall'essere ex criminali nazisti in fuga fino all'essere una coppia omosessuale o entrambe le cose mescolate assieme tanto per essere originali. Onestamente risulta difficile credere che uno scrittore che non chiarisca questi dettagli li avesse ben presenti in mente e il film di Brechner ovviamente non dà analogamente alcun riferimento. Non sappiamo perché Jacob piange in chiesa o perché abbia crisi epilettiche o con chi parli il principe all'altro capo del telefono per organizzargli degli incontri di lotta libera e restituirgli la gloria perduta. L'unica cosa certa è che sono due anime perse che finiranno incidentalmente per incontrarne altre quando l'improvvisato nobile manager cercherà di organizzare un incontro truffa al suo malconcio campione per poter raggranellare un po' di denaro.


Se una costante c'è in queste storie del nuovo cinema sudamericano è la tesa disperazione dettata dalla povertà. Un'altra anima persa è infatti la protagonista femminile interpretata dall'imbronciata, ma egualmente affascinante, Antonella Costa, che disperata e pratica è alla ricerca di denaro per poter avere la minima speranza di crearsela un'esistenza. Tra l'altro la brava attrice è nata Italiana, ma per sua fortuna lavora prevalentemente in Argentina, quindi non in un paese dove il cinema è morto come il nostro. Che si sappia  quindi, perché merita tutta la nostra stima e affetto visto che continua ad alitare un po' di speranza nella nostra moribonda carcassa. Da citare almeno è il suo ruolo in Garage Olimpo, mentre preferirei non ricordare quell'immane sciocchezza de I diari della motocicletta.


Nel finale Brechner si lancia addirittura in una citazione, riedizione che dir si voglia, del gioco di sguardi del triello orchestrato da Sergio Leone ne Il buono, il brutto e il cattivo. Mi sento da aggiungere ben poco sul suo stile asciutto e delizioso e del grande senso dell'inquadratura che incornicia perfettamente la bella fotografia del film. Già nella sequenza iniziale che contestualizza la magia dell'ambientazione è tutto chiaro. Insomma questa coproduzione tra Uruguay e Spagna merita l'attenzione che gli è stata giustamente tributata all'edizione di Cannes in cui è stata programmata. Su questa immagine della Spagna che restituisce in soldi di produzione un po' del bottino coloniale chiuderei lo sproloquio lasciando da parte un discorso sul ruolo della lucha libre nella cultura popolare sudamericana che avrò certamente modo di riprendere per altri film. Sono certo che un giorno riuscirò a trovare un filo logico che unisce le nazioni in cui si è sviluppata (Usa, Giappone e Centroamerica) come spettacolo per le masse assumendo diverse forme di rappresentazioni, ma mantenendo lo stesso schema strutturale.

Scheda tecnica
Mal día para pescar
AKA: Bad day to go fishing
Anno : 2009
Regia : Alvaro Brechner
Soggetto : Juan Carlos Onetti
Sceneggiatura: Alvaro Brechner, Gary Piquer
Cast :
Gary Piquer - Orsini
Jouko Ahola - Jacob van Oppen
Antonella Costa - Adriana
César Troncoso - Heber
Bruno Aldecosea - Grey
Alfonso Tort - Ronco
Jorge Temponi - Jorge
Jenny Goldstein - Jessica
Ignacio Cawen - Fernandez
Luis Lage - Rius
Enrique Vidal - Locutor
Lucía Fernandez - Boletera

1. Il cronotopo letterario è una categorizzazione del romanzo fatta dal teorico della letteratura Michail Bachtin che mutuò il termine dalla teoria della relatività di Einstein. Senza stare a menarla troppo, similmente all'illustre fisico, suggerisce l'inscindibilità di spazio e tempo nell'opera letteraria. Praticamente ogni evento assume un senso solo se inserito in un contesto (spazio + tempo) che è per l'appunto il nostro cronotopo. Dare coerenza e senso ad un'opera letteraria vuol dire quindi isolare il suo cronotopo, poiché la letteratura si appropria del reale e lo canalizza nei differenti generi letterari. Mi fermerei qua. E se le vostre idee fossero confuse, allora sappiate che non siete soli.
2. Incredibile, ma vero. Esiste un saggio italiano dedicato ai due scrittori che evidenzia la passione per Faulkner di Onetti e cerca di analizzare il parallelo e la genesi di Santa Maria da Yoknapatawpha. L'introduzione del saggio orribilmente formattata è disponibile qui. Spero abbiamo venduto bazillioni di copie, ma non nutro molta fiducia nel genere umano come ben sapete.